La stupidità funzionale fa male all’azienda. Lo dice l’HR Trends and Salary Report 2017 di RandStad che quest’anno ha coinvolto l’Alta Scuola in Psicologia “A. Gemelli” dell’Università Cattolica come partner scientifico della ricerca. Il 43% delle direzioni HR pensa che l’atteggiamento di adesione acritica alle direttive dei vertici aziendali, porti al fallimento degli obiettivi dell’impresa, contro Il 36% che invece ne dà un giudizio positivo. Inoltre il 64% dei dirigenti Risorse umane considera il conflitto creativo un utile strumento di lavoro, ma meno di uno su tre si adopera concretamente per sostenere un sano confronto critico in azienda.

La stupidità funzionale - Nella valutazione dell’impatto della stupidità funzionale sugli obiettivi aziendali, i sostenitori di un approccio più critico alle attività da svolgere ritengono che in questo modo si acquisirebbe un vantaggio sul piano strategico, mentre i fautori dell’adesione acritica puntano sul contenimento dei tempi e dei costi. In particolare, il 59% dei dirigenti HR ritiene che la stupidità funzionale aumenti le probabilità di fallire l’obiettivo di posizionarsi come azienda innovativa sul mercato (contro il 33% che invece pensa che possa portare al successo) e il 49% teme che questo approccio limiti le possibilità di ridefinire standard di settore, prodotto, servizio (contro il 31% che invece ritiene che possa avere un impatto positivo), mentre soltanto il 25% pensa che la modalità “stupido funzionale” renda più difficile raggiungere gli obiettivi di lavoro rapidamente (contro il 46% di parere opposto) e ridurre i costi di gestione (contro il 35% di opinione contraria). Infine, l’accettazione incondizionata delle prassi aziendali influenza anche la capacità di attrarre nuovi talenti in azienda: in senso negativo per il 51%, positivamente per il 36%.

Il conflitto creativo - Riguardo al conflitto creativo, la polarizzazione si attenua e la maggior parte del campione lo considera uno strumento di lavoro proficuo sia sul piano della strategia di mercato (assicura un elevato impatto competitivo, da sostanza all’immagine e reputazione dell’azienda) sia sul piano della strategia organizzativa (costruisce e qualifica un progetto di cultura aziendale, rende l’azienda desiderabile e attrattiva per i candidati di valore). In particolare, il 78% degli intervistati ritiene che aiuti l’azienda a essere precursore e innovativa sul mercato (contro l’11% di parere opposto), a disporre di team di lavoro più articolati per competenza e personalità (contro il 9% che vota per il fallimento) e a generare un clima di scambio e reciprocità sul posto di lavoro (contro l’11% di opinione contraria). Per il 70% dei dirigenti HR, infine, il conflitto creativo è anche una buona leva per attirare nuovi talenti in azienda, mentre solo l’11% ritiene che contribuisca a rendere l’impresa meno attrattiva.

L’HR Trends and Salary Report 2017 analizza, inoltre, molti altri aspetti emersi dalle interviste eseguite tra febbraio e marzo 2017 a 355 dirigenti senior di aziende italiane di diversi settori, sintetizzati in un report più ampio che parla di carenza di competenze, attrattività delle imprese e capacità di trattenere i talenti. Di loro, soltanto il 31% considera il conflitto come potenziale strumento di lavoro e contrasta la stupidità funzionale delle prassi aziendali, mentre il 45% ritiene positiva la stupidità funzionale e da evitare il conflitto creativo e il restante 24% vede molti ostacoli di tipo organizzativo e culturale al rinnovamento dei processi aziendali.

[Sintesi del report]