L’arte può modificare gli spazi e/o la percezione che abbiamo di essi, apportare maggiore consapevolezza laddove l’abitudine non ci permette di cogliere la specialità, ridare nuovo significato agli spazi pubblici e privati o, nella migliore delle ipotesi, può addirittura modificare le dinamiche di fruizione e generare meccanismi partecipativi di una città.

Se ne è parlato nel seminario Arte nello spazio della città, fortemente voluto e coordinato dalla docente di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea Elena Di Raddo e introdotto dai saluti del Direttore di sede Giovanni Panzeri.

Soprattutto lo si è fatto partendo da esempi ben riusciti da cui trarre spunto. “L’operazione fatta con le stazioni della metropolitana di Napoli, progettate ciascuna da un diverso artista contemporaneo, sono un modello da studiare – ha esordito l’assessore all’Urbanistica del Comune di Brescia, Michela Tiboni. – Sono la dimostrazione di come un intervento dentro ad un luogo possa rigenerare anche gli spazi che vi stanno attorno. Esiste infatti una relazione diretta tra la crescita culturale di una città e la sua urbanistica, che non è fatta solo di architetture. Se vogliamo che i cittadini occupino i luoghi pubblici dobbiamo impegnarci a renderli gradevoli”.

Come fare? Una possibile risposta arriva dalla riflessione effettuata da Gabi Scardi, che da anni lavora come curatrice indipendente “Gli artisti posseggono una visione differente delle cose, così con i loro interventi ci aiutano a sottrarre la percezione che abbiamo degli spazi dall’appiattimento di valori generato dall’abitudine e dalla quotidianità, con l'obiettivo di stimolare in noi una nuova e più consapevole visione".

Al bando l’utopia che talvolta accompagna il dibattito sul tema, un esempio locale, concreto e tangibile di tutta la teoria espressa lo si può individuare in "Meccaniche della Meraviglia", manifestazione espositiva oggi giunta alla sua dodicesima edizione, sorta nella provincia bresciana e da due anni a questa parte approdata in città, la cui missione è da sempre quella di individuare luoghi, architetture e spazi di pregio del territorio (diversi ogni anno) con lo scopo di allestirvi mostre temporanee e renderli quindi nuovamente fruibili alla cittadinanza.

“Prima individuo gli spazi, poi gli artisti sulle base delle affinità di questi ultimi con i luoghi – racconta Albano Morandi, regista e deus ex machina della kermesse . – L’obiettivo è il dialogo tra luogo e artista, un modus operandi che abbiamo seguito sin da prima edizione, quando Franco Mazzucchelli creò un tunnel di plastica gonfiabile all’interno di un uliveto sul Garda per farcelo osservare da una nuova prospettiva, sino ad oggi con la mastodontica opera di Gabriele Picco grazie alla quale abbiamo temporaneamente aperto, dopo 30 anni, la suggestiva Crociera di San Luca, in centro storico. Tutti i lavori sono pensati ed eseguiti dagli artisti dopo aver visto e conosciuto la storia degli spazi” conclude Morandi.