di monsignor Mario Delpini *

Due sono le guarigioni che sono proposte dalla Parola di Dio ascoltata. La proposta è destinata a tutti i fedeli in cammino verso il compimento della speranza in questo tempo di Avvento. Ascoltando queste letture in questo contesto solenne dell’Inaugurazione dell’Anno Accademico siamo provocati a domandarci come questi appelli e queste promesse potranno incidere nella comunità dell’Università Cattolica in questo anno.

1. La guarigione dello sguardo.

Il profeta rimprovera a tutto il popolo lo sguardo malato. 
Lo sguardo malato è lo sguardo deprimente: si rivolge al tempio e alimenta la nostalgia: “Quanto siamo diventati poveri! Questo tempio è veramente miserabile in confronto con il tempio nel suo primitivo splendore!”.
Lo sguardo malato è lo sguardo malizioso: si guarda intorno e legge ogni cosa con un sospetto invidioso e risentito: “Ha fatto così perché cerca il suo vantaggio; ha detto questo per farsi amico del potente; ha salutato quel tale per prendere posizione contro il tal altro”.
Lo sguardo malato è lo sguardo indiscreto, invadente e possessivo: mette gli occhi sulle persone per desiderarle e come dice Gesù “Ha già commesso adulterio nel suo cuore” (cfr. Mt 5,28).

Come guarirà lo sguardo malato?
All’inizio di un Anno Accademico in Università Cattolica si può augurare che proprio l’attività accademica in un contesto ispirato dal Vangelo sia un percorso di guarigione dello sguardo.

Lo sguardo guarisce quando consente allo Spirito di Dio di riconoscere nella storia l’opera di Dio: Coraggio, popolo tutto del paese e al lavoro, perché io sono con voi secondo la parola dell’alleanza che ho stipulato con voi quando siete usciti dall’Egitto; il mio spirito sarà con voi, non temete. … la gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta (Ag 2,4 ss).

Lo sguardo guarisce quando legge in ogni cosa il suo significato e affronta tutti i campi dello scibile e tutti i campi dell’operare con il desiderio di rispettarne il senso, la destinazione, il valore. L’opera di Dio: scuoterò tutte le genti e affluiranno le ricchezze di tutte le genti e io riempirò questa casa della mia gloria (Ag 2,7). L’università porta nel suo nome una vocazione all’incontro, al confluire di tutte le ricchezze e le sapienze dei popoli; lo Spirito di Dio contrasta quella specializzazione che crea separazioni, quelle rivalità che diventano spaccature, quella difesa della posizione che diventa impermeabilità.

Lo sguardo guarisce quando si illumina di benevolenza e riconosce nella folla che percorre la terra, anche in quella che frequenta l’università, una vocazione alla fraternità. La competitività non è una condanna alla contrapposizione e alla concorrenza, ma uno stimolo all’emulazione; la consapevolezza delle proprie doti non è un piedestallo per l’orgoglio, il narcisismo, l’esibizionismo, ma una responsabilità per servire.

2. La guarigione della parola.

Gesù rimprovera i farisei per i loro frutti cattivi e in particolare per le parole cattive, le parole malate.
La parola si ammala quando è usata come un’arma per ferire, per screditare, per rovinare una persona: Costui non scaccia i demoni se non per mezzo di Beelzebùl, capo dei demoni (Mt 12,24).
La parola si ammala quando è taciuta, quando il pensiero saggio, la verità luminosa, l’intuizione geniale è nascosta come una lampada sotto il moggio, e così la casa resta al buio.
La parola si ammala quando è vana, inutile, quando è la chiacchiera banale che rende superficiali i rapporti, vuoto il tempo, insignificante lo stare insieme: di ogni parola vana che gli uomini diranno dovranno rendere conto nel giorno del giudizio (Mt 12,36).

All’inizio di un Anno Accademico in Università Cattolica si può augurare che proprio l’attività accademica in un contesto ispirato dal Vangelo sia un percorso di guarigione della parola.

La parola guarisce quando guarisce il cuore: la bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda (Mt 12,34). Non servono infatti parole gentili o professioni di fede che siano una recita o frutto di un calcolo. Piuttosto il nostro parlare è costruttivo quando viene da un cuore sincero, da un desiderio di bene, da un’intenzione di aiutare, incoraggiare, correggere.

La parola guarisce quando il discorso, la lezione, la conferenza, sono proposti per propiziare percorso di scienza e di sapienza, quando il contributo scientifico, la pubblicazione arriva a chi è destinato. 

La parola guarisce quando la testimonianza è limpida, modesta e franca, senza reticenze, senza timidezze, senza viltà, quando la conversazione è uno scambio di doni e non solo un passatempo.

3. Conclusione

Fratelli e sorelle, accogliamo la parola di Dio, apriamo cuore e mente alla grazia, alla luce, alla vocazione con cui Dio ci chiama. Affidiamoci volentieri al vento amico dello Spirito che in questo anno accademico continua a prendersi cura di noi per guarire la parola, guarire lo sguardo, perché guarisce l’intimo della persona, inaccessibile a tutti, fuorché a Dio.

* arcivescovo di Milano, Basilica di Sant’Ambrogio, Milano – 28 novembre 2019