di Antonietta Porro *

Quanto è cambiata la seconda prova dell'esame di Stato per i licei classici con l’introduzione della cosiddetta “prova mista”, sperimentata quest’anno? Ci sarà ora una doppia traduzione, dal greco e dal latino? Sgombriamo subito il campo da un equivoco: non ci sarà nessuna doppia traduzione. Ai candidati sarà chiesto di tradurre un passo dal greco oppure dal latino (quest'anno sarà latino), mentre di un secondo passo nell'altra lingua classica, su un tema connesso con quello del brano da tradurre, sarà offerta allo studente una traduzione italiana bell'e pronta. Il candidato se ne potrà servire per rispondere ai quesiti proposti dal Ministero: ma non dovrà tradurlo. 

Dunque la prova di traduzione resta una sola. 

Quali allora le novità? Una più (troppo?) ampia introduzione e contestualizzazione del testo e i quesiti che vi si accompagneranno. Come giudicare queste novità? Che gli studenti si interroghino sul testo è non solo utile, ma indispensabile: non lo si può evitare traducendo, anche se non lo si dovesse fare per iscritto come accadrà ora. Offrire loro le coordinate per comprenderne l'ambito di pertinenza è vantaggioso (purché non si ecceda, affogando il testo in una satura lanx di apparati di contorno e inducendo il candidato ad andare a caccia di un senso per la traduzione ovunque, fuorché nel testo). 

L’auspicio è che la prova di traduzione non venga snaturata. In una scuola in cui le parole d’ordine sono diventate “acquisizione di competenze”, “saper fare”, tradurre un testo resta la migliore delle verifiche delle “competenze” di uno studente di liceo classico, che traducendo mette in campo - oltre a ciò che ha imparato di morfologia, sintassi, lessico - le proprie conoscenze in ambito storico, artistico, filosofico, culturale e la propria capacità di applicarle. 

Speriamo dunque che al Ministero non siano predisposti quesiti troppo ampi e complessi (come potrebbe un liceale discettare della virtù della clemenza nella riflessione politica e filosofica dell’età del principato, per giunta in pochi minuti e in max 10-12 righi?), ma ci si limiti a richieste puntuali, pertinenti al passo, adatte a verificarne la corretta interpretazione sul piano linguistico e concettuale. 

E auguriamoci che gli insegnanti, i tanti bravi insegnanti che abbiamo in Italia, non cadano nella trappola di chi vorrebbe, attraverso il cavallo di Troia della seconda prova riformata, indurli a modificare sostanzialmente gli obiettivi della loro didattica, cedendo alla tentazione di affannarsi a immaginare cosa potrebbe essere chiesto ai loro allievi nei quesiti aggiuntivi e a confezionare possibili pacchetti di risposte sui più o meno grandi temi (o, peggio, a cercarli già confezionati!), anziché dedicarsi, coi loro allievi, ad un attento esame dei testi antichi: il lavoro che già  fanno i migliori docenti – valersi della lingua non come un ostacolo da aggirare ma come uno strumento per “entrare dentro” il testo, a molti livelli – è quello da continuare. 

* docente di Letteratura greca