di Roberto Cicala*

«Guàrdati dall’uomo di un solo libro» è il celebre ammonimento di Tommaso d’Aquino che oggi sembra valere anche per le fiere dell’editoria dove i libri sono esposti a migliaia. Sembra non bastare più una sola grande fiera nazionale a Torino (costosa per gli editori e oggetto di inchieste giudiziarie): Milano, con l’associazione editori, vuole la sua e così s’infiamma il dibattito estivo, con polemiche annesse, sul posto migliore per un Salone italiano del libro.

Fermo restando che «il libro è sempre onorevole e onorarlo è legittimo», anche tra stand fieristici, come ama dire lo scrittore Daniel Pennac, senz’altro non si può sostenere, come è stato fatto da politici torinesi, che Torino abbia più tradizione e numeri per sentirsi la città del libro. Che Milano sia la capitale dell’editoria parlano chiaro le cifre: 700 editori e 40% della produzione libraria, con la maggiore concentrazione di agenti e distributori. «Tutto esiste a Milano» è una battuta di Gadda, uno che aveva in testa i libri: farli significa scriverli, progettarli, produrli ma anche distribuirli per completare la filiera dall’autore al lettore. In questi passaggi c’è sempre più bisogno di formazione e specializzazione.

Un Salone del libro a Milano interessa perciò anche la Cattolica, che tra Lettere moderne e Linguaggio dei media ha creato un polo d’eccellenza riconosciuto, con studenti provenienti da tutt’Italia e dall’estero grazie a percorsi diversi, a un master di secondo livello, a un Laboratorio di editoria unico nel suo genere dove si produce un libro costruito dai giovani allievi ogni anno con la partnership di Educatt, un corso di alta formazione di scrittura, senza dimenticare il centro di ricerca Creleb e la presenza della prima university press nazionale, Vita e Pensiero. L’elenco sarebbe lungo, anche per gli eventi annuali, da Engaging the reader a Editoria e poesia, con “lezioni aperte” di protagonisti del mondo deli libri, naturalmente con un coinvolgimento molto forte nelle kermesse metropolitane sulla lettura come Bookcity.

Lo sguardo accademico può aiutare a capire la guerra in atto tra Torino e Milano dal punto di vista economico ma anche sociologico: tutti vogliono fare o partecipare ma alla fine chi compra e legge davvero i libri? Giuseppe Pontiggia credeva che «c’è qualcosa di malinconico che differenzia una Festa del libro dalla Festa, ad esempio, del vino: ed è che a quest’ultima non vengono invitati gli astemi. Invece le strategie di editori e librai sono soprattutto rivolte ad attirare l’essere più scostante, indesiderabile e deludente che gli innamorati della lettura possano immaginare: il non-lettore». Comunque in una nazione dove la metà degli abitanti non legge neppure un libro ogni anno Milano si conferma la capitale anche dei lettori proprio grazie al mondo universitario (e lo sa bene chi vuole fare test di mercato). E non sarebbe da tralasciare il capitolo della piccola editoria, dove spesso i laureandi svolgono stage che sono un primo passo nelle professioni legate ai libri.

Forse più che duplicare e dividere sarebbe più opportuna una strategia di risanamento e rafforzamento dei saloni già esistenti. A Milano ce ne sono in autunno piccoli ma significativi come BookPride e chissà perché si devono spesso chiamare con nomi inglesizzanti: MiBook è il nome annunciato per la nuova fiera…  E forse sarebbe auspicabile promuovere anche manifestazioni al sud o in altre grandi città di cultura, come Bologna (dove già si svolge la fiera dell’editoria per ragazzi più importante al mondo) o Firenze, mentre a Roma ogni dicembre è in programma “Più libri più liberi”, visitata sempre dagli studenti del Laboratorio di editoria.
Ciò che conta è che gli organizzatori non pensino soltanto a una fiera-mercato ma a un progetto culturale di alto profilo, com’è quello di Torino, non si può negarlo. In una sede o in un’altera speriamo che avvenga quanto Pennac sostiene: «il libro è una festa e tutti i Saloni del Libro ve lo confermeranno».

*docente di Editoria libraria e multimediale e
direttore del Laboratorio di editoria dell’Università Cattolica