Beatrice Masini ha tradotto in italiano la saga di Harry Potter. Un’avventura iniziata con il terzo capitolo, Il Prigioniero di Azkaban. Laureata in Lettere classiche in Università Cattolica, è giornalista, autrice di libri per ragazzi, scrittrice ed editor.

Come è diventata traduttrice?
Ho cominciato a tradurre per conto mio, senza scopo concreto, verso i diciott’anni, leggendo romanzi in lingua originale. Ho tradotto prima storie per bambini piccoli, poi romanzi per ragazzi.

Ci sono mai stati problemi con gli autori dei libri che ha tradotto?
Qualche volta può capitare di porre domande agli autori su passi dubbi o di incontrarli a giochi fatti quando vengono in Italia per il lancio del libro. Ricordo con piacere una colazione con Kathleen Tessaro, autrice di Eleganze, un romanzo rosa molto arguto.

Come organizza il suo lavoro?
Prima leggo il libro tutto d’un fiato, per puro gusto e curiosità, e mi appunto mentalmente i passaggi complicati, i giri di frase sui quali bisognerà riflettere. Poi traduco.

Perché in Italia si legge poco?
Non credo sia vero. Per esempio sta crescendo il numero di ragazzi di quindici-sedici anni in grado di leggere libri in lingua originale.

Qual è il primo libro che ha tradotto?
A parte qualche microstoria, Le redoublant di Claire Mazard: in italiano Il ripetente. Tra i più belli ricorso invece Tuck Everlasting (La fonte magica) di Natalie Babbitt, un classico del nostro tempo, semplice e solenne; Glitter when you jump (Un salto e tocchi il cielo), una raccolta di poesie per bambini curata da Fiona Waters; I Capture the Castle di Dodie Smith, l’autrice de La carica dei 101, in libreria come Ho un castello nel cuore; e poi gli Harry Potter, ovvio, per la tensione dell’attesa, le invenzioni sui nomi.

Quello più difficile?
The Tulip Touch di Anne Fine. È un’autrice che possiede una straordinaria padronanza della lingua e una grande varietà di registri. Ammetto che qualche volta è stato difficile essere alla sua altezza.

[Da Presenza 3, Maggio-Giugno 2008]