Si è aperto oggi Focus Live, il festival della divulgazione scientifica che si svolge in diretta live fino a domenica 22 novembre.

L’Università Cattolica, che ha partecipato fin dalla prima edizione del 2018, è stata presente nella prima giornata con l’intervento di Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale, che ha parlato di Z, la generazione dimenticata.

Si tratta degli under 25 nati dal 1996 in poi, la prima generazione cresciuta sin dall’infanzia nel XXI secolo, apparentemente agevolata dalle molte opzioni offerte dalla combinazione di cambiamento accelerato e complessità crescente della realtà. In verità quelle che potenzialmente sembrerebbero opportunità di nuovi percorsi formativi e professionali per i più giovani e maggiori opzioni rispetto alle generazioni precedenti, in realtà si arenano davanti a una crescente incertezza associata alle scelte e alle loro implicazioni.

«Nel nostro paese l’incertezza è inoltre amplificata dalle carenze degli strumenti di welfare attivo e dal basso investimento in ricerca, sviluppo e innovazione - ha dichiarato Rosina -. E gli attuali ventenni diventano adulti in uno dei paesi con peggior peso di debito pubblico e maggior carico di anziani sulla popolazione attiva. Ancor più, quindi, che nel resto d’Europa, le possibilità di crescita e di sostenibilità sociale dell’Italia dipendono dalla formazione del capitale umano delle nuove generazioni e dalla capacità di piena valorizzazione all’interno del mondo del lavoro. Ma proprio questi sono i punti su cui presentiamo maggiore fragilità e che rischiano ora di essere maggiormente indeboliti dall’impatto della pandemia».

Se guardiamo al decennio appena concluso vediamo un’Italia che mostra i peggiori livelli in Europa rispetto agli indicatori della transizione scuola-lavoro. «La percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che lasciano precocemente gli studi (Early leavers) continua ad essere sensibilmente sopra la media europea, con punte oltre il 20% tra i maschi del Sud. Nel 2019 il nostro Paese risultava in Europa quello con più alta incidenza di Neet» - ha continuato Rosina.

Il professore ha riportato anche i dati sulla disoccupazione giovanile in Europa: sotto il 15% poco prima della pandemia, salita al 17,6% ad agosto 2020, ma con dato italiano arrivato al 32,1%. «Questi valori evidenziano una situazione di maggior fragilità rispetto alla recessione iniziata nel 2008. In tale occasione, nel nostro paese, il tasso di disoccupazione dei giovani partiva da valori poco superiori al 20% ed era arrivato a superare il 30% “solo” quattro anni dopo (nel 2012)».

L’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo, di cui Rosina è il coordinatore scientifico, durante il primo lockdown ha raccolto dati che indicavano chiaramente la preoccupazione rispetto ad un quadro di ulteriore scadimento al ribasso delle prospettive delle nuove generazioni. Nei mesi della prima ondata «quasi la metà (il 49%) degli intervistati (tra i 18 e i 34 anni), dichiarava di vedere - rispetto a prima dell’emergenza coronavirus - più a rischio il proprio lavoro attuale o futuro. Nell’indagine replicata nella prima metà di ottobre (prima delle possibili conseguenze della seconda ondata) alla stessa domanda la percentuale risultava rimasta comunque elevata, superiore al 40%».

La situazione è dunque senza speranza? «Un elemento incoraggiante sul piano individuale è che si riscontra una grande voglia di reagire positivamente, di guardare oltre sia ai limiti della normalità passata, assieme ad una maggiore propensione a contare su sé stessi e sugli altri, a far fronte ai cambiamenti e a riconoscere nuove opportunità» - ha spiegato Rosina che ha aggiunto che anche rispetto alle prospettive del Paese «i giovani intervistati intravedono un possibile impulso positivo nel post Covid-19 non solo sull’attenzione verso la salute collettiva ma anche sul fronte del digitale, dell’innovazione tecnologica e della green economy». 

Questi elementi fanno pensare all’ottimismo delle nuove generazioni che si aspettano di essere coinvolte come parte attiva di un nuovo inizio. 

I segnali positivi sono, però, ancora superati dalla preoccupazione dei giovani italiani che si pongono in modo critico su quello che finora si è fatto come sostegno all’occupazione giovanile. Rosina ha precisato che «meno del 44% ritiene che l’azione su questo fronte sia stata adeguata. Il giudizio peggiora ulteriormente tra le donne (si scende al 37%) e tra i più giovani (34% nella fascia 18-22 anni)». 

Il giudizio negativo coinvolge anche l’azione dell’Unione europea «verso la quale la percentuale di chi è soddisfatto risulta poco superiore al 42%. Si sale però oltre alla metà di voti positivi nei confronti degli impegni a favore dell’economia italiana e si arriva al 56% di consensi rispetto al piano Next Generation Eu. Il 44% di chi non assegna voto positivo si divide a metà tra chi è del tutto scettico su come verranno investite le risorse e chi invece lascia aperta la possibilità di farsi convincere se seguiranno progetti credibili».

Per capire quale sarà la portata di Next Generation Eu si dovrà dunque attendere di vedere le conseguenze della seconda ondata e le relative scelte del Governo per contenerla.