Proprio in questi giorni diverse fonti giornalistiche e scientifiche hanno ricordato che lo scorso anno l’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, con sede a Parma, pubblicò un parere sui glicidolesteri (in particolare il 3-MCPD), che si formano dai trattamenti termici dei grassi e degli oli, tra cui anche dell’olio di palma. 

«Fu anche a causa di questa ragione – le altre sono di carattere nutrizionale ed ambientale - che l’olio di palma fu messo sulla “graticola”, la percezione negativa dei consumatori salì alle stelle  e molte aziende alimentari decisero, soprattutto per ragioni di reputazione commerciale, di eliminarlo dagli ingredienti di produzione» afferma Ettore Capri, docente di Valutazione del rischio negli alimenti alla facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali della sede di Piacenza dell’Ateneo. 

L’Efsa, «in modo molto corretto» secondo il professore, nei giorni scorsi ha rivisto il precedente parere perché la conoscenza scientifica sui metodi di calcolo è oggi più avanzata arrivando, così, a una nuova conclusione: “I livelli di consumo di 3-MCPD tramite gli alimenti sono considerati privi di rischi per la maggior parte dei consumatori, ma esiste un potenziale problema di salute per i forti consumatori delle fasce di età più giovane. Nella peggiore delle ipotesi, i neonati nutriti esclusivamente con latte artificiale potrebbero lievemente superare il livello di sicurezza”. 

L’Efsa ha rivisto i valori soglia espressi in assunzione quotidiana tollerabile del 3-MCPD, triplicandolo (valore soglia che rimane del 50% più basso di quello definito a livello internazionale (JEFCA). L’Autorità europea, però, non ha rivisto la sua posizione sulla mutagenicità di glicidolo ed esteri che è intrinseca alle sostanze, che restano pericolose per l’uomo. 

Non possiamo, dunque, sostenere che l’olio di palma non faccia più male ma dobbiamo sempre e solo riferirci ai suoi ingredienti pericolosi, in modo analogo a quanto dobbiamo fare per tutti gli alimenti. «È però significativo, estremamente positivo, che anche i forti consumatori potrebbero superare solo “lievemente” i livelli di sicurezza» spiega il professor Capri, che ne trae una conseguenza: «Visto che questi livelli sono estremamente cautelativi, si potrebbe concludere che non c’è nessun pericolo quando i consumatori seguono diete alimentari bilanciate e corrette. Come si deve fare con tutte le attività umane alla base del nostro benessere».

Cosa succederà ora? Le aziende riprenderanno a usare l’olio di palma? Il dibattito è aperto.