Studiare e fare sport a livello agonistico: missione impossibile? Sì, secondo gli sportivi italiani intervistati dall’Alta Scuola in Psicologia “A. Gemelli” (Asag), nell’ambito dell’indagine europea Regional Center for Dual Career Policy and Advocacy (DC4AC).

Il team di psicologi dell’Asag, guidato dalla professoressa Caterina Gozzoli, ha intervistato 115 atleti di alto livello o riconosciuti di talento, provenienti da tutt’Italia e dai più disparati sport (basket, atletica, calcio, scherma, baseball, ginnastica, tennis tavolo, arti marziali, boxe, tiro a segno e sport invernali), con un’età media di 24 anni.

Mediamente gli sportivi chiamati in gioco ritengono che sia molto complesso conciliare lo sport con lo studio, nonostante la maggior parte di loro sia iscritta all’Università (56%), frequenti una Scuola superiore (12%), un’altra buona quota è atleta professionista (15%) o ha un lavoro (18%, contando chi ne ha uno full time o part time).

Quello della Dual Career è un tema cruciale per il mondo dello sport. «Nell’Handbook delle pratiche italiane, elaborato nell’ambito del progetto europeo, abbiamo riunito tutto ciò che in Italia si fa in materia di duplice carriera degli atleti» spiega Chiara D’Angelo, la psicologa dell’Asag che ha curato lo studio.

Attraverso questa ricerca, sono stati individuati 28 progetti italiani, di cui otto gestiti dalle Federazioni, sei da Università, quattro da Ministeri, quattro da associazioni di giocatori, tre da aziende e tre co-finanziati dall’Unione Europea. «I risultati prodotti indicano un’attenzione crescente verso il tema e una volontà di consentire a questi giovani di conciliare i molti impegni che caratterizzano le loro vite di atleti mantenendo un’attenzione al loro futuro dopo lo sport» prosegue Chiara D’Angelo. «Anche se, purtroppo, a livello legislativo è ancora scarsa la normativa in materia, che recepisca e renda operative le Linee guida europee elaborate».

Forti sono le aspettative, non sempre corrisposte, che gli intervistati sentono verso il sistema scolastico, in particolare durante la transizione al livello senior (dai 15 ai 19 anni) e nel momento della massima prestazione, ossia il livello senior. L’80% del campione ritiene inoltre che la scuola dovrebbe farsi carico delle sue esigenze per tutta la durata degli studi e non solo per alcuni anni. Mediamente gli atleti sentono di essere stati poco supportati nel loro percorso di crescita e sviluppo come atleti, e ritengono che la famiglia e l’allenatore siano in assoluto le persone che li possono sostenere nel loro percorso di Dual Career.

Ma ci sono anche luci oltre le ombre: per agevolare la duplice carriera in Italia sono già previsti agevolazioni finanziarie, percorsi di formazione/orientamento professionale, programmi di studio flessibili (come per esempio la possibilità di studiare tramite piattaforme online o concordare le date degli esami flessibilmente), servizi di supporto medico\psicologico, servizi di tutorship scolastica, vitto e alloggio in residenza o collegio.

E per il futuro? I “talenti” intervistati, tra le iniziative che potrebbero facilitare il passaggio al dopo carriera atletica, prediligono l’opportunità per gli atleti in via di ritiro o già ritirati di entrare in contatto con persone provenienti dal mondo aziendale e lavorativo, in modo di conoscerlo e comprendere le richieste e aspettative. A questo si aggiunge la possibilità di monitorare i lavori a disposizione e segnalarli agli atleti ritirati o proporre tirocini part time, o impieghi part time, seguiti da attività di mentoring da parte di senior manager. Una pratica che in Università Cattolica è già realtà grazie alle iniziative di Cattolicaper lo Sport.