Su iniziativa di S. E. mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e del Centro pastorale pubblichiamo su Cattolica News brevi testi evocativi, a partire dal Vangelo del giorno, per aiutare la riflessione e la preghiera in questo periodo così complesso a causa della crisi sanitaria legata alla diffusione del Coronavirus. Scriveranno teologi, assistenti pastorali e professori. I testi saranno accompagnati da un’immagine scelta in rete.


Vangelo di Giovanni (Gv 14,27-31a)

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Pace: termine abusato. Così logoro. Chi non desidera, da sempre, la pace – a partire dalle Miss Italia in poi –, magari senza costi personali? Chi, in questo momento, non ha a cuore la pace o, quantomeno, una “tregua”?

La pace. Tema davvero vasto. Non posso nemmeno rifugiarmi solo nelle lingue classiche per esaurire il tutto. Lo shalom ebraico ci rimanda alla pienezza dei beni, alla positività senza limiti. In greco eiréne indica soprattutto l'assenza di guerra. Per i latini pax è lo stare ai patti, l'osservare i trattati.

Ma quello che la Parola ci invita a fare è un’altra operazione: il riconoscere la distinzione tra la “pace del mondo” e la “pace di Dio”. Quella pace, definita da Paolo, come una pace che “che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù” (Fil 4,7).

Una distinzione che non innalza confini. Al contrario. “Supera”.

Ma cosa vuol dire? Credo che in questo momento siano 2 le parole chiave per comprendere. “Rischio”, la prima. Arrischiare lo spezzamento dei confini, dalle comfort-zone a quelli intellettuali e vitali. “Perdono” la seconda: a quale nuova vulnerabilità siamo chiamati? A quali nuove relazioni siamo interpellati?

Gaia De Vecchi, docente di teologia