Pubblichiamo il commento del professor Massimo Bonelli nell’ambito dello speciale sul film di Checcho Zalone Tolo Tolo, che ha fatto parlare di sé soprattutto per il tema affrontato

di Marianna Mancini 

Massimo Bonelli, biblista e docente di Teologia dell’Università Cattolica è uno dei quasi sei milioni di spettatori che hanno visto Tolo Tolo, il nuovo film di Checco Zalone, uscito nelle sale cinematografiche da sole due settimane. 

Bonelli ha accolto con entusiasmo le sottili battute del comico pugliese e il suo riso amaro, che invita a riflettere. «Zalone affronta una problematica che il Paese sta vivendo, con fine comicità: non dà giudizi di merito, ma ci pone davanti a gravi lacune che andrebbero affrontate e lo fa partendo proprio da zero, ripercorrendo il viaggio del migrante. Per questo bisognerebbe ridere con intelligenza alle freddure del film e allo stesso tempo accogliere la riflessione che impone», commenta Bonelli e le considerazioni che ne derivano finiscono per coinvolgere da vicino il mondo cattolico. Infatti «Tolo Tolo mette in scena in modo chiaro come dietro la questione migratoria, oltre l’emergenza umanitaria si nasconda un grande business economico. La tradizione cristiana abbatte i muri, non ne costruisce. Il discorso è tuttavia più complesso di quello che i mass media vogliono farci credere: se non costruisci muri, devi poi essere in grado di educare e gestire la situazione». 

Citazioni, latinismi e rimandi alla cultura cinematografica italiana abbondano nel film e spesso a richiamarli è proprio il personaggio di Oumar, ragazzo africano che sogna l’Europa. Bonelli li ha molto apprezzati ricordando che «l’ignoranza è il peccato più grande del mondo. Se vuoi fare il bene non devi ignorare, ma al contrario conoscere molto di più di quello che ti dona la tua patria d’origine. Poi certo ci sono aspetti positivi e negativi perché alla fine nel film è la persona più colta a fregare tutti». Per concludere: «Tutte le tematiche trattate, dalla classe politica italiana alla società fagocitata nella sua burocrazia, ci fanno capire quanto la loro rilevanza vada ben oltre una pellicola di 90 minuti. Se l’intento era smuovere le coscienze, Zalone c’è riuscito».