Alfonso Zúnica, 23 anni, laureando in Filosofia, racconta perché ha scelto di non rimpatriare nel suo paese, la Spagna, preferendo trascorrere la quarantena in collegio insieme con altri soli cinque compagni. Una scelta responsabile per salvaguardare la sua famiglia e non interrompere la preparazione della tesi magistrale


Ciao, mi chiamo Alfonso Zúnica e vengo da Murcia, una città del sud-est della Spagna. Mi sono trasferito in Italia a 19 anni per iscrivermi in Cattolica alla triennale in Filosofia. Adesso ho 23 anni e ormai sono quattro anni che vivo a Milano.

La prima volta che sono venuto in Italia è stata nell’estate del 2011. Le lingue classiche sono quasi in estinzione nelle scuole spagnole e io, che stavo scegliendo indirizzi scientifici per i miei studi universitari, non le avrei mai studiate. Perciò i miei genitori mi proposero di fare un corso estivo a Vivarium novum, un’accademia di latino con sede a Roma. Mi piacque così tanto che volli tornarci per altre quattro estati di seguito. Il metodo usato da loro prevede che tutti i giorni si parli sempre in latino. Perciò non imparai l’italiano fino al 2014, anno in cui sempre in quella accademia un professore mi fece delle lezioni private.

Dopo il liceo scelsi di andare all’Università Complutense di Madrid per fare il doppio corso di laurea in Matematica e Fisica. Superai tutti gli esami e con voti anche molto alti, ma la fisica non mi piacque per niente e sebbene le matematiche mi affascinassero molto, non mi soddisfavano. Ero sempre più interessato a questioni sull’uomo, sulla società, su Dio, a questioni insomma di filosofia. E così decisi di cambiare totalmente indirizzo di studio. Appena arrivarono le vacanze mi misi a studiare il manuale di storia della filosofia di Enrico Berti per prepararmi ad andare in Italia.

Tra le persone che avevo conosciuto a Roma c’erano molti universitari e liceali italiani. Attraverso la loro amicizia mi accorsi che il livello formativo italiano è molto più alto di quello spagnolo, in particolare per le discipline umanistiche. Mi ero informato sulle università italiane e l’Università Cattolica era quella più mi convinceva. A inizio settembre ero già a Milano per conoscere la città e l’Università. Rimasi stupito e affascinato non tanto dai chiostri dell’Ateneo, quanto da quello che mi raccontarono alcuni studenti di filosofia con cui entrai in contatto grazie alle amicizie strette nelle estati a Roma. 

Il primo di ottobre ero già a lezione. Il primo anno di corso è sempre quello più bello e lo ricordo con grande piacere. Passai il primo semestre presso un collegio a pochi minuti dell’Università e il secondo semestre con degli amici in appartamento. Quell’estate feci domanda per il collegio Augustinianum, in cui sto vivendo dal mio secondo anno di corso. Per fortuna mi convalidarono alcuni esami sostenuti all’università a Madrid e - con uno sforzo in più - sono riuscito a conseguire la laurea triennale in due anni con una tesi su Kant.

Ripeterei mille volte la mia scelta. Sono molto soddisfatto da quello che la Cattolica mi ha dato. Non solo ho avuto professori e programmi eccellenti, ma ho trovato una Facoltà molto viva, con numerose attività, seminari e conferenze. Ho pure avuto modo di studiare e addentrarmi nella grande tradizione filosofica della mia Facoltà, tradizione che mi ha affascinato e ha segnato i miei interessi filosofici. L’argomento della mia tesi nasce infatti dalle letture dei libri di Sofia Vanni Rovighi e Gustavo Bontadini: Il mondo come creazione umana nelle prospettive di G. B. Vico e G. Gentile, con il professore Dario Sacchi come relatore. Sono molto fiero delle scelte che mi hanno portato a studiare in Università Cattolica.

Purtroppo questo mio ultimo semestre universitario è stato turbato dalla crisi del coronavirus. Ricordo perfettamente quando ho saputo la prima notizia sull’arrivo del coronavirus in Italia. Ero andato a Parma con un mio amico del collegio. Eravamo andati a visitare la città approfittando della fine della sessione. Siamo tornati in collegio un po’ inquieti e vi abbiamo trovato la medesima inquietudine. La sera che si è saputo della chiusura dell’Università c’era molto confusione. Molti sono tornati a casa all’indomani. Ricordo che alcuni alle 7 del mattino dopo stavano già salendo su un aereo per tornare in Sicilia. Da un giorno all’altro, trenta su ottanta collegiali, erano andati via e nel giro di pochi giorni siamo rimasti in meno della metà. Io non ho pensato a tornare e, temendo la chiusura delle biblioteche, ho cercato di prendere i libri sufficienti per continuare il lavoro della mia tesi.

Sono seguiti un po’ di giorni difficili, ma presto si è innescata una routine che è stata addirittura gradevole. Mi alzavo presto, facevo colazione e andavo nella biblioteca del collegio. Lì studiavo quasi sempre da solo. Si è formato un gruppo di sette od otto ragazzi che andavamo sempre in mensa insieme. Caffè al bar e si tornava allo studio. Il lavoro di tesi procedeva molto bene. Milano era vuota, si sentiva una tranquillità mai vista. Purtroppo è durata molto poco. Prima che finisse la seconda settimana, quando si è compreso che la chiusura sarebbe durata a lungo, la situazione si è complicata. Non si sapeva se il collegio avrebbe chiuso e la Spagna cominciava a chiudere le frontiere. Ho dubitato a lungo se restare o tornare, ma alla fine mi sono deciso a rimanere per più motivi. Innanzitutto perché avevo paura di portare il virus ai miei, per il rischio di contagio che implicavano le numerose tappe che bisognava percorrere nel rientro a casa e, infine, per lo studio. Sono una persona che si affeziona molto ai posti, infatti una delle cose che più mi mancano è poter passare le giornate proprio tra i chiostri della Cattolica e nel dipartimento di filosofia. Cambiare ambiente, lasciando a Milano tutti miei libri, avrebbe reso molto difficile il mio studio.

Alla fine ho dovuto comunque spostarmi, ma restando sempre a Milano,  all’interno di un’altra residenza dell’Università dove mi sono adattato bene. Il numero di collegiali calava in continuazione e, quando siamo rimasti in soli quattordici, EduCatt ha deciso di accorpare il Ludovicianum e l’Augustinianum al Buonarroti. Di quei quattordici ci siamo trasferiti soltanto in sei, due siciliani, un napoletano, un ragazzo di Ventimiglia, un altro della Puglia ed io. All’inizio è stato più difficile ambientarsi. Il consolato spagnolo mi ha contattato più volte offrendomi dei passaggi per la Spagna e quindi si è ripresentato il dubbio di prima. Alla fine le motivazioni non erano cambiate e mi sono rifiutato sempre di rimpatriare. I passaggi che il consolato offriva erano sempre a Madrid o a Barcellona, che sono città comunque abbastanza lontane da Murcia. Inoltre mia sorella si era contagiata e la situazione a casa non era semplicissima. Grazie a Dio i sintomi di febbre le sono durati a malapena due giorni e sembra che non abbia contagiato i miei genitori. Insomma, ormai era più coerente restare a Milano.

Del resto, questa quarantena, oltre che permettermi di avanzare con la stesura della tesi, mi permette di stringere delle belle amicizie con i pochi collegiali rimasti. Mi sono trovato a condividere tante ore e conversazioni con persone che certamente conoscevo, ma che ho riscoperto con grande sorpresa e gioia. Si è formato tra di noi un gruppo di ragazzi, con interessi e caratteri comunque molto diversi, ma che sta imparando ad ascoltarsi e volersi bene in un modo che la frenetica vita universitaria, piena di impegni, esami, appuntamenti, lezioni, non permetteva. Addirittura quando per qualche giorno ho pensato ad accettare uno dei passaggi che il consolato mi offriva, saputa la notizia, i ragazzi si sono rattristati molto e mi hanno chiesto di rimanere, ricordandomi quanto ci divertiamo insieme. Sicuramente non è momento per festeggiare, ma ciò non ci impedisce di riuscire a passare belle giornate in compagnia.

Per quanto riguarda l’anno prossimo mi preoccupa un po’ la situazione che si potrà creare a causa delle difficoltà legate alla crisi del coronavirus. Il mio sogno è quello di fare un dottorato e cominciare la carriera accademica. Per adesso sono ancora indeciso, come sempre, se fare richiesta qui in Italia o in Spagna... Vedremo come evolve la situazione e quali porte si apriranno!