Lo spazio per fare l’avvocato c’è, anche se il mercato del lavoro è diventato più competitivo. Per questo occorre mettere nel proprio bagaglio attrezzi ed esperienze che fanno la differenza: dall’inglese agli stage, dall’Erasmus a un curriculum universitario di alto profilo.

Giovanni Lega«Scoraggiarsi potrebbe essere naturale a fronte di un contesto italiano che annovera virtualmente oltre 240.000 iscritti alla Cassa avvocati» fa notare il presidente dell’Associazione degli studi legali associati (Asla) Giovanni Lega (nella foto a destra), Managing Partner dello studio Lca con sedi a Milano, Dubai e Shanghai. Anche se il sogno delle professioni forensi non tramonta: circa il 70% dei laureati in Giurisprudenza dell’Università Cattolica, a un anno dalla laurea, dichiara di svolgere la pratica in uno studio.

Marta Grivet SerMarta Grivet Ser (nella foto qui a lato) - responsabile risorse umane di uno dei colossi mondiali del settore, Clifford Chance, che solo in Italia è presente con 150 avvocati - ha una ricetta molto chiara: «Chi vuole praticare questa professione in studi internazionali, deve puntare a uscire col massimo dei voti, parlare un inglese perfetto e fare esperienze di stage e di studio all’estero. Se ci sono questi ingredienti, inserirsi nel mercato nel lavoro non sarà un problema».

Per l’avvocato Lega «gli studi professionali come quelli che rappresento danno grande rilievo, oltre che all’inglese parlato, scritto e compreso ad alto livello, a un buon percorso universitario, il cui unico punto di riferimento non sia solo il conseguimento della laurea con il massimo dei voti. Conta anche se lo studente ha parallelamente condotto esperienze vicine alle proprie affinità elettive, come sport, arti, musica, conoscenza di altri Paesi».

E il presidente dell’Asla, da ex sportivo agonista, ne è convinto: «Sono attività che facilitano lo sviluppo di alcuni elementi fondamentali: il sacrificio senza necessariamente un ritorno immediato; l’insuccesso anche come parte integrante del successo; il riproporsi obbiettivi determinati e la tenacia nel raggiungerli, anche se magari non al primo tentativo».

Le soft skill sono importanti anche per Marta Grivet Ser: «Le competenze giuridiche sono la base di partenza su cui costruire un professionista a tutto tondo. Man mano che questa figura cresce all'interno del nostro studio, le competenze giuridiche, che devono pur sempre svilupparsi in modo appropriato per la seniority acquisita, vengono date per assodate e si guarda molto a competenze trasversali quali capacità relazionali, manageriali, commerciali, solo per fare alcuni esempi».

Clifford Chance, da qualche tempo, ha imboccato la via degli stage per selezionare gli studenti migliori a partire dal quarto anno del corso di laurea a ciclo unico di Giurisprudenza. Anche qui, a fare la differenza per la selezione, la media del 28, le lingue e le esperienze all’estero. E dopo lo stage si apre molto spesso la porta del praticantato.

Lo conferma anche chi è diventato avvocato dopo aver frequentato il corso di preparazione all’esame di Stato in Cattolica, che consiglia, a chi vuole affacciarsi alla professione, uno stage in studi legali durante il percorso universitario e, dopo la laurea, l’iscrizione a una scuola di specializzazione o a un corso postgraduate.

«La facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica è già attrezzata in merito al learning by doing, grazie a cui lo studente, al fianco di qualificati esponenti delle professioni forensi, si cimenta con i problemi pratici dell’esperienza legale» afferma il preside Gabrio Forti. «È un passaggio fondamentale nella formazione dei futuri giuristi, e prevede, oltre ai moot trials organizzati da singoli corsi, le cosiddette “cliniche legali”, che ora, grazie all’accordo da poco siglato con l’Ordine degli avvocati di Milano, insieme a un tirocinio presso studi legali, anche all’estero, permettono di maturare prima della laurea sei mesi della pratica forense richiesta per presentarsi all’esame di avvocato».