«Guardare alla storia oltre i numeri». Con queste parole Kezevino Aram, direttrice della Ong indiana Shanti Ashram, ha aperto il suo intervento nell’ultimo dei quattro CeSI Talks, il ciclo di incontri del Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale dell’Università Cattolica (CeSI), occasioni di dibattito multidisciplinare, con un focus di riflessione sul mondo della cooperazione durante la pandemia da Coronavirus.

«L’emergenza sanitaria ha insegnato a tutti molte cose: la rilevanza della preparazione professionale, del lavoro e dello stato mentale; l’importanza della sicurezza sociale e, soprattutto, del non arrendersi - ha proseguito la dottoressa Aram durante l’incontro “Be Safe. Action and health prevention in developing countries: what does Covid-19 teach?”-. Un altro insegnamento è che il virus ha “unito” in qualche modo il mondo, il Nord e il Sud, i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Si credeva, inoltre, che il virus colpisse solo la popolazione anziana, ma in India un quarto dei malati sono giovani, con meno di 18 anni, e il 50% appartengono alle fasce di età più attive. Si credeva poi che la malattia potesse colpire soprattutto i Paesi meno ricchi, ma non è più così. Tutto questo ci ha insegnato a “guardare la storia oltre i numeri” e a capire l’importanza di operare e cooperare in futuro per mantenere condizioni di salute favorevoli, nei Paesi in via di sviluppo come in quelli sviluppati, sia per gli adulti sia per i bambini».

La dottoressa Aram ha dialogato con Antonia Testa, docente in Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica, sul lavoro delle organizzazioni internazionali per le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo durante l’emergenza sanitaria da Covid-19, sui punti di forza e di debolezza delle loro azioni e su quali aspetti sarà importante lavorare in futuro, in caso di un’eventuale simile pandemia.

«Il mondo si è trovato di fronte a una sfida grandissima - ha detto la Professoressa Testa -. Ora è tempo di fermarsi e di riflettere sulle lezioni apprese, soprattutto nel contesto dei Paesi in via di sviluppo. Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo vissuto 180 giorni che hanno cambiato il mondo, giorni in cui il nostro Paese ha potuto apprezzare gli enormi benefici della solidarietà. Il CeSI, in collaborazione con la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, ha contribuito al contrasto della diffusione dell’epidemia Covid-19 con il progetto di formazione a distanza "Fast lung ultrasound teaching program beyond the Europe during COVID-19 pandemic: Africa’s reality”. Si tratta di un programma, svolto nel mese di maggio, che ha avuto l’obiettivo di supportare medici e operatori sanitari di dodici Paesi del continente africano, tramite l’utilizzo di un protocollo formativo, che ha agevolato medici e operatori sanitari africani nella verifica delle condizioni polmonari dei pazienti».

Kezevino Aram ha messo in questi mesi le sue competenze al servizio del Governo indiano con il mandato di occuparsi di schemi di protezione sociale per i bambini: una collaborazione molto costruttiva che ha coinvolto molte persone, essendo l’India uno tra i Paesi con la popolazione minorile più alta e che le ha fatto comprendere ancora di più l’importanza del “pensiero collettivo” e delle policy di collaborazione: «Gli insegnamenti si traducono ora in obiettivi per dare valore alle comunità, grazie a un allineamento tra risposte globali e risposte locali, attraverso alcuni punti essenziali: anzitutto, tornare ai ‘fondamentali’: dall’igiene personale ai test, dall’applicazione dei protocolli alla collaborazione intersettoriale, identificando e tutelando le parti più vulnerabili della popolazione».

«Un’altra lezione del periodo della pandemia - ha continuato Aram - è che il collegamento tra patologie e povertà è molto forte per cui bisogna agire preventivamente, sia attraverso la tecnologia, sia attraverso il supporto delle comunità locali che hanno l’expertise e la sensibilità per lavorare sul territorio: questo può fare la differenza poiché le risorse nel sistema sanitario sono limitate. Quindi, occorre adottare un approccio sociale e epidemiologico organizzato e ben strutturato, attraverso una seria preparazione multidisciplinare».

«Bisogna imparare a non tirarsi indietro - ha concluso Kezevino Aram -. I Paesi, il mondo hanno bisogno di noi. E tutti possiamo dare il nostro contributo, agendo in maniera complementare e collaborativa, operando con gli altri, proattivamente e con una visione del futuro, strategicamente e non tatticamente solo per cercare di riparare a una emergenza o problema. Dobbiamo riportare all’attenzione del mondo il potere della solidarietà e dell’unità tra le persone. L’approccio individualistico ha un costo che abbiamo pagato caro: insieme possiamo essere più sicuri, più felici e possiamo tutti fare di più».