A tracciare uno scenario di quali siano i risvolti sociali e giuridici della reputazione, della riservatezza, della dignità umana e dei beni della personalità in una realtà sociale sempre più complessa e sempre più dominata dalle nuove tecnologie è il volume Reputazione, dignità, onore. Confini penalistici e prospettive politico-criminali (Giappichelli, 2018) di Arianna Visconti, ricercatrice dell’Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale (Asgp). Il libro, che è stato presentato in Università Cattolica il 24 maggio, ha fatto da sfondo al convegno dedicato al tema La reputazione al tempo dei social media e dell’intelligenza artificiale.

A moderare il dibattito il professor Gabrio Forti, nelle vesti di direttore dall’Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale, che ha promosso l’iniziativa.  «Gli studiosi coinvolti in questo evento non stanno dando luogo a un convegno “interdisciplinare” bensì “sovradisciplinare”, in quanto i relatori, portatori di vari linguaggi disciplinari, intendono non solo dialogare tra loro ma costruire qualcosa, mettere insieme i loro saperi per un obiettivo comune», ha detto il professor Forti, sottolineando l’estrema attualità delle questioni sul tappeto e il loro collegamento con primari filoni di ricerca dell’Alta Scuola, dai temi della criminalità economica e organizzativa alle riflessioni di Giustizia e Letteratura.

Al centro del dibattito il concetto di reputazione e i suoi legami con l’onore e la dignità umana: un bene prezioso e al tempo stesso fragile, ‘depositato’ com’è nella mente e nelle attitudini delle persone con cui si entra in relazione, diretta o indiretta. Un bene dotato della capacità di aprire prospettive e opportunità, ma anche, ove si connoti in termini negativi, di generare ostracismo e perdita di chances. Si tratta di un ‘capitale sociale’ dalle ramificazioni estremamente estese, del cui sfaccettato valore sono sempre più consapevoli, nell’attuale società iperconnessa e ipermediatica, i protagonisti della vita economica e istituzionale, i quali vanno progressivamente affinando tecniche per costruire, promuovere, o riparare (ove necessario) la propria reputazione.

Reputazione e privacy risultano però oggi anche esposte da molti, spesso in modo tanto volontario quanto non meditato, a rischi sempre più pervasivi, potenziati dalla diffusività istantanea e dalla memoria eterna di Internet. La disintermediazione offerta dalla rete, con la sua promessa di affrancamento da ogni forma di controllo sulla libertà di informazione, si è rivelata fonte di impreviste e nuove minacce per i diritti e le libertà fondamentali.

In un mondo in cui la raccolta, accumulazione, gestione e condivisione di dati personali sta diventando una risorsa di primaria rilevanza economica e politica, la rapidissima diffusione di dis-informazione (le cosiddette fake news) e la comparsa di algoritmi in grado di stilare istantanei rankings del valore umano e sociale di ognuno aprono nuove sfide, e nuovi orizzonti oggi difficilmente decifrabili, tanto alle scienze umane e sociali quanto – e forse ancor più – al diritto, specialmente penale, sempre più inadeguato a far fronte alla domanda di ‘giustizia’ che si affaccia anche nel mondo della rete.
 
Su tali temi si sono confrontati, ognuno con la sua sensibilità e il suo bagaglio scientifico, Fausto Colombo, direttore del Dipartimento di Scienze della comunicazione e dello spettacolo nell’Università Cattolica, Carmelo Fontana, Senior Regional Counsel di Google, Adelmo Manna, ordinario di Diritto penale nell’Università degli Studi di Foggia, Vittorio Pelligra, associato di Politica economica all’Università degli Studi di Cagliari, Luca Pistorelli, consigliere della Suprema Corte di Cassazione, Francesca Rigotti, filosofa e docente di Comunicazione istituzionale presso l’Università della Svizzera Italiana a Lugano.

Dalla discussione è emersa confermata l’estrema necessità di un approccio coordinato e interdisciplinare al problema, la debolezza relativa dei legislatori nazionali di fronte a fenomeni transnazionali in rapidissima evoluzione e la conseguente necessità di coordinamento almeno a livello europeo, con la sperimentazione di modelli innovativi di regolamentazione e la responsabilizzazione di tutti gli attori del gioco, dagli utenti individuali ai big di Internet.

Solo un mix di investimenti in educazione all’uso critico dei social, rafforzamento della consapevolezza e del controllo sociale sugli usi distorti dei media vecchi e nuovi, attivazione delle risorse di controllo dell’ambiente tecnologico disponibili per le imprese fornitrici di servizi, e regolamentazione attenta, meditata e responsiva da parte delle istituzioni può aprire prospettive in cui il potenziale di opportunità e di libertà del ‘nuovo mondo’ digitale prevalga sui rischi (già in atto) di derive disgregatrici, antidemocratiche e, in ultima istanza, ‘disumane’.