di monsignor Claudio Giuliodori *

Accogliere il Salvatore che non si stanca di venire in mezzo a noi per offrirci il conforto della sua presenza, ci consente di vedere le cose in modo nuovo e diverso e, nello stesso tempo, ci provoca con un forte richiamo alla responsabilità e all’impegno da cui non possiamo esimerci come uomini e ancor più come cristiani.

Un tema su cui operare è quello della consolazione e dell’essere generatori di speranza. Penso in modo particolare ai giovani. Dice il profeta Isaia: «Consolate, consolate il mio popolo» e ci offre immagini molto belle di un Dio che si fa vicino e solidale. Ora, se c’è una componente della nostra società che in questo momento è maggiormente penalizzata ed è a forte rischio di sfiducia e scoraggiamento, questa è certamente la realtà giovanile. Non è quindi casuale l’attenzione che la Chiesa ha rivolto alle nuove generazioni nei lavori del recente Sinodo. Tutta la comunità cristiana è chiamata a stare vicina ai giovani perché non si avviliscano e non si richiudano in se stessi.

Il Sinodo ha chiesto anche alle Università Cattoliche un particolare impegno su questo versante al fine di generare una nuova cultura che sappia valorizzare l’entusiasmo e la creatività dei giovani. «Si tratta di spazi preziosi per l’incontro del Vangelo con la cultura di un popolo e per lo sviluppo della ricerca - si legge nel Documento finale -. [Le istituzioni educative cattoliche] sono chiamate a proporre un modello di formazione che sia capace di far dialogare la fede con le domande del mondo contemporaneo, con le diverse prospettive antropologiche, con le sfide della scienza e della tecnica, con i cambiamenti del costume sociale e con l’impegno per la giustizia» (n. 158).  

Anche il nostro Ateneo, per molte ragioni è, e può essere sempre di più, un vero e proprio luogo di consolazione e di speranza. Me lo diceva qualche giorno fa un genitore che mi ringraziava per quello che facciamo, perché vedeva nel modo con cui accogliamo, formiamo e aiutiamo a maturare i nostri studenti un segno di grande speranza. Ce lo confermano coloro che assumono i nostri laureati quando ci dicono di trovarli maturi, sensibili e generosi, capaci di relazionarsi con gli altri in modo competente e responsabile. Non so che cosa avesse in mente cento anni fa il beato Toniolo quando affidava la fiamma del nascente Ateneo ai fondatori, ma certamente si augurava che potesse realizzarsi, come grazie a Dio si è realizzato, un luogo capace di generare speranza e di offrire al Paese il contributo consolante di nuove generazioni scientificamente e cristianamente ben formate.

* Pubblichiamo alcuni passaggi dell’omelia di monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, in occasione della celebrazione eucaristica in preparazione al Natale nell'aula magna di largo Gemelli a Milano. Il testo integrale