Gli Stati generali della Sociologia si confrontano il 4 e 5 luglio in Cattolica su un’Italia in transizione. Un pool di studiosi al convegno annuale della Società Scientifica Italiana Sociologia Cultura Comunicazione “Transforming cultures, transforming societies. Ripensare l’immaginazione sociologica” dibatte sui cambiamenti in atto nella società. 

di Piermarco Aroldi *

In un volume del 1959, divenuto poi un classico del pensiero sociologico, Charles Wright Mills descriveva così l’“immaginazione sociologica”: una capacità che “permette a chi la possiede di vedere e valutare il grande contesto dei fatti storici nei suoi riflessi sulla vita interiore e sul comportamento esteriore di tutta una serie di categorie umane. 

Gli permette di capire perché, nel caos dell’esperienza quotidiana, gli individui si formino un’idea falsa della loro posizione sociale. Gli offre la possibilità di districare, in questo caos, le grandi linee, l’ordito della società moderna, e di seguire su di esso la trama psicologica di tutta una gamma di uomini e di donne. Riconduce in tal modo il disagio personale dei singoli a turbamenti oggettivi della società e trasforma la pubblica indifferenza in interesse per i problemi pubblici”.

Appare chiaro, allora, perché la Società Scientifica Italiana di Sociologia, Cultura, Comunicazione abbia scelto di intitolare il suo secondo Convegno nazionale, in corso a Milano presso i Dipartimenti di Sociologia e di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo dell’Università Cattolica il 4 e 5 di luglio, “Transforming cultures, transforming societies. Ripensare l’immaginazione sociologica”. 

Di fatto si tratta di una sfida ambiziosa, quella di esercitare una disposizione metodologica alla visione, alla connessione e all’interpretazione dei molti fenomeni che stanno caratterizzando il rapido mutamento sociale in cui siamo immersi, per restituirne un disegno capace di senso; capace, soprattutto, di rendere conto del significato che essi assumono per le donne e gli uomini che spesso sperimentano questo mutamento con una sensazione di impotenza e disorientamento.   

Al centro di questa analisi ci sono gli ecosistemi comunicativi che si sono strutturati intorno alla Rete e a quello che Cosimo Accoto (insieme a Pier Cesare Rivoltella e Göran Bolin protagonista della prima sessione del Convegno) ha definito il codice “software”, il “motore invisibile” che presiede a molti processi sociali abilitati dalle tecnologie digitali. 

Come hanno ricordato inaugurando i lavori della mattinata Sara Bentivegna, Vicepresidente della SISCC, e Fausto Colombo, Direttore di Dipartimento di Scienze della Comunicazione, questi ecosistemi contribuiscono a dare forma all’esperienza sociale, talvolta al di là della consapevolezza degli stessi soggetti che vi agiscono. 

Di qui l’urgenza di “immaginare” sociologicamente, sia nel senso di “rendere visibili” tali dinamiche, sia nel senso di interrogarsi criticamente sui loro condizionamenti e ipotizzare l’esistenza di alternative possibili, che aprano ad altre forme di vita e a relazioni sociali più sostenibili, condivise e solidali.

Ai quindici panel paralleli del convegno il compito di rispondere a questa urgenza, sviluppando piccole “cellule” di parole-chiave intorno alle quali si sono raccolte analisi empiriche e riflessioni teoriche: “dati, algoritmi, persone”, “individuo, comunità, network”, “partecipazione, pietas, conflitti”, “rischio, sicurezza, cura”, “umano-postumano”, “aspirazioni, disperazioni, ispirazioni sociali”, “mediazione, disintermediazione, rimediazione”, “tempo, memoria, progetto”: una sorta di dizionario minimo che illustra i molti campi dell’esperienza in cui applicare (e ripensare) l’immaginazione sociologica oggi.  

* direttore di OssCom, centro di ricerca sui Media e sulla Comunicazione dell’Università Cattolica