Accogliere, creare, condividere. Sono le tre parole chiave di Officina Casona, un’associazione di promozione sociale, fondata e gestita da under 30. Ora, che è diventata cooperativa sociale, lavora con sempre maggiore impegno sul territorio per l’integrazione, l’autonomia e l’autodeterminazione dei giovani provenienti da ogni parte del mondo.
Francesca Zaupa (al centro delle foto in alto), 26 anni, di Castellanza, ha fatto sua questa sfida. Ma l’ha maturata seguendo un percorso ben preciso. Durante la triennale in Scienze linguistiche per le Relazioni internazionali in Università Cattolica Francesca ha partecipato a un progetto Overseas negli Stati Uniti e ha vissuto un’esperienza di volontariato internazionale grazie al Charity Work Program dell’Ateneo. Quattro settimane in India dove ha seguito un corso in sviluppo comunitario, abbinato a un’esperienza sul campo. «È stata la conferma che fosse la mia strada. Sono state entrambe due tappe fondamentali per misurarmi con Paesi per me nuovi e per trasformare la mia formazione in esperienze pratiche che mi hanno avvicinata da subito al mondo della cooperazione, per cui sento una vocazione. Le lingue sono state strumenti indispensabili», ci racconta.
Dopo la laurea, Francesca ha frequentato il master in Cooperazione Internazionale e Sviluppo (MIC&D) dell’Alta Scuola in Relazioni Internazionali (Aseri). «Ho avuto la possibilità di approfondire i temi della cooperazione in un ambiente internazionale. Una formazione che aveva anche in aula la capacità di far vivere un’esperienza attraverso l’incontro tra diverse culture. L’esperienza, totalizzante dal punto di vista dei ritmi, mi ha fornito tutti gli strumenti per lavorare nel campo della cooperazione e mi ha messo nelle condizioni di scegliere, successivamente, uno stage per Aiesec in Argentina, che mi ha permesso di trovare lavoro nell’organizzazione studentesca internazionale subito dopo la fine del master».
Dopo due anni, Francesca ha deciso di tornare in Italia per realizzare il progetto di Officina Casona. L’idea è nata da un gruppo di giovani, tutti laureati da un paio di anni e uniti da un’esperienza di volontariato in una fondazione locale: Michele, architetto, Gloria, laureata in gestione d’impresa, Andrea, copywriter (nelal foto in alto con Francesca).
Ma Francesca sentiva il bisogno di strumenti di gestione aziendale. Per questo ha intrapreso un nuovo percorso, l’Executive master in Social Entrepreneurship (EMSE) dell’Alta Scuola Impresa e Società (Altis), vincendo una borsa di studio totale di Ubi Banca: «È stata la chiave di volta che ci ha fatto fare il salto dall’idea alla realtà. Mi ha permesso di capire se il modo in cui stavamo strutturando il progetto poteva funzionare ed era realistico e mi ha fornito diversi esempi di best practices».
Francesca può mettere così sul piatto la sua doppia formazione: «Il master Aseri mi ha formata professionalmente, mentre quello in Altis mi aiutata a tarare le mie competenze verso un progetto specifico, che mi ha portata dove sono oggi. Avevo visto la realizzabilità di progetti come il nostro e l’idea era quella di portarli sul nostro territorio. Mentre ero all’estero mi sono domandata, perché ero in un altro Paese a fare un lavoro per cui mi ero formata, e non in Italia?».
Officina Casona è un progetto che ha l’intento di aggregare le persone su un territorio, di stimolare l’imprenditoria, l’attivismo, la partecipazione comunitaria. In altre parole, diventare protagonisti nel proprio territorio.
Dopo sei mesi di attività di aggregazione, i quattro ragazzi hanno bussato alla porta di Fondazione Somaschi e Intrecci, due cooperative sociali che gestiscono centri di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati, con la proposta di dare vita a laboratori di manualità basati sul recupero. La grande sfida che hanno vinto è stata quella di riuscire a portare nel centro persone del territorio che non hanno familiarità con il mondo del volontariato e dell’accoglienza, per far vivere loro un’esperienza di incontro e condivisione con i rifugiati.
«Da lì, stando fianco a fianco, sono nate relazioni paritarie in cui la barriera della lingua è stata superata attraverso la manualità. Abbiamo sperimentato che, con le giuste attenzioni e finalità, le persone arrivano ad incontrarsi e quell’esperienza si è tramutata in un progetto continuativo».
Ne sono scaturiti i primi tre laboratori, di legatoria, serigrafia e cucina, avviando inoltre corsi di formazione al lavoro, alla lingua e alla socialità per 12 richiedenti asilo e rifugiati under 35, a cui si sono aggiunti quelli di pelletteria con stampa serigrafica, di ciclomeccanica, di falegnameria, e di ceramica. Ognuno ha un progetto individualizzato che viene studiato con gli educatori».
Sono tutti under 30 anche gli artigiani e gli educatori, coinvolti durante iniziative come Fa’ la cosa giusta!. «I nostri collaboratori sono designer o progettisti, precari o lavoratori non dipendenti». I prodotti realizzati vengono venduti e i proventi alimentano il “fondo per l’autonomia”, utilizzato dall’Officina per dare un riconoscimento economico a chi partecipa al progetto, per incentivare a formarsi e rendersi autonomi: «Ci proponiamo di togliere le persone che hanno perso casa e lavoro dalla sensazione di urgenza per progettare insieme a loro. I migranti diventano a loro volta assistenti o docenti, insegnando a loro volta insieme all’artigiano. Quello per noi è il momento di integrazione, perché per la prima volta non sono più visti come assistiti ma come chi insegna e ha grandi capacità».