di Marco Tosoni *

Il viaggio più incredibile della mia vita. Un mese tra piante grandi come edifici e gente simpatica e aperta. La prima tappa è stata Lima, una città grande e caotica (13 milioni di abitanti) dove nemmeno prendere un autobus è una cosa banale. Subito dopo siamo stati a Pucallpa, una città al limitare della foresta amazzonica. Spendendo pochissimo abbiamo fatto il giro del lago in barca. Il primo approccio con la foresta amazzonica non è stato niente male.

Il giorno dopo abbiamo preso un piccolo aereo che conteneva al massimo 10-15 persone e siamo volati ad Atalaya, la città dove ha sede l’università. Il viaggio è stato bellissimo. Guardando fuori dal finestrino si vedevano solo alberi, in ogni direzione. Lì abbiamo conosciuto i responsabili del progetto e ci siamo sistemati in un alloggio. Da subito ci siamo resi conto che la gente è molto socievole.

Tutte le mattine ci alzavamo alle 6, facevamo una colazione veloce e poi andavamo ai campi. Per raggiungere le coltivazioni bisogna camminare una mezz’ora addentrandosi nella foresta amazzonica, la selva. Essendo un progetto organizzato dall’università abbiamo avuto la possibilità di ampliare le nostre conoscenze sulle coltivazioni tropicali. Abbiamo imparato, lavorando sul campo, come coltivare piante che in Italia possiamo solo sognarci. All’università di Atalaya coltivano cacao, caffè, platano e ananas, oltre ad alcuni ettari di arance. Le coltivazioni sono notevoli. Per esempio il cacao e il caffè sono coltivati in penombra, perciò i campi sono in mezzo alla foresta.

Dopo il lavoro andavamo a mangiare. Nel campus cucinano i ragazzi. La cucina è una specie di gazebo in legno con dei fuochi a legna. Il cibo era molto buono. A volte però andavamo a mangiare in un ristorante, spendendo veramente poco. Con circa 2 euro pranzavamo in abbondanza.

Mangiare nel campus era bello perché ci permetteva di conversare coi ragazzi. All’inizio ci guardavano con un po’ di diffidenza. D'altronde noi eravamo gli unici bianchi della città, non ci aspettavamo che ci accettassero subito. E invece in cinque minuti eravamo già amici. Sono delle persone fantastiche. Prima di partire per Atalaya ci avevano detto di stare attenti ai furti, ma in un mese non ho avuto nessun problema.

Abbiamo conosciuti parecchi studenti e abbiamo ascoltato le loro storie. Molti vengono da famiglie poverissime e per tutta la durata dell’università non possono fare rientro a casa. Nonostante questo sono felici e ringraziano per la possibilità che gli è stata data.

Andare a fare un mese di volontariato in Perù è un’esperienza bellissima che consiglierei a tutti. È stato utile non solo da un punto di vista formativo ma anche e soprattutto da quello umano. Stare là un mese mi ha fatto capire che forse a volte ci soffermiamo troppo su cose secondarie e perdiamo di vista ciò che realmente è importante. Stare bene, avere il necessario da mangiare e un po’ di compagnia può essere sufficiente per vivere serenamente.

* 20 anni, di Villafranca di Verona, secondo anno di Scienze agrarie, facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, campus di Piacenza