«Nella scuola e nell’università ci sono le fondamenta di un Paese». Con queste parole, riprese dal quotidiano la Repubblica, si presenta il nuovo ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del governo Conte bis, Lorenzo Fioramonti. «La scuola è un bene nazionale: dunque no a prof regionalizzati» ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera

Quarantadue anni, sposato con due figli, Fioramonti è uno dei sostenitori, sulla scia del premio nobel Joseph Stiglitz, della necessità di ridimensionare l’importanza del Pil come indicatore del benessere di una nazione. Altri sono i parametri che gli osservatori economici e i governi, secondo Fioramonti, dovrebbero prendere in considerazione.

Eletto alla Camera dei Deputati con il Movimento 5 stelle nelle elezioni politiche del marzo 2018, il 12 giugno dell’anno scorso è stato nominato sottosegretario del Miur e il 13 settembre vice ministro all’Istruzione, Università e Ricerca.

Laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” con una tesi in Storia del pensiero politico ed economico moderno incentrata sul ruolo dei diritti di proprietà e individuali in America e in Europa, ha conseguito anche un dottorato di ricerca in Politica comparata ed europea all’Università degli Studi di Siena.

È professore ordinario di Economia politica all’Università di Pretoria e direttore del Centro per lo studio dell’innovazione Governance dello stesso ateneo. È inoltre membro del Center for Social Investment dell’Università di Heidelberg, della Hertie School of Governance e dell’Università delle Nazioni Unite.

«La scuola, la formazione e la ricerca devono essere al centro perché la conoscenza è il nuovo petrolio. Ma per poter rilanciare il settore bisogna chiudere la piaga del precariato della scuola, delle università e degli enti di ricerca» ha detto nell’intervista al Corriere della Sera.

«Credo che serva almeno un miliardo aggiuntivo per l’Università e due per la scuola, dobbiamo dare un orizzonte a scienziati e ricercatori che a 45 anni sono ancora supplenti e a quegli insegnanti che non riescono ad entrare nella scuola. I fondi si possono trovare con interventi fiscali mirati, quella che chiamo l’Iva strategica» ha dichiarato sempre al Corriere, spiegando anche la sua ricetta per finanziare questi provvedimenti: «Servono delle micro tasse di scopo: una tassa sulle merendine, una sulle bevande zuccherate, un’altra sui biglietti aerei. Sono attività o dannose per la salute, le prime due, o inquinanti. Con i soldi che lo Stato ricava si fanno interventi per la ricerca o la scuola. Abbiamo calcolato che solo da questi interventi si possono ricavare 2,5 miliardi». 

«Se riuscissi a risolvere l'emergenza della continuità degli studi, se riuscissi a fare uscire le università dalle costanti emergenze finanziarie - ha affermato all’agenzia Ansa il neoministro - a quel punto tutto è possibile. Se non riusciamo a dare ossigeno, rimarremo sempre bloccati dal presente».