I ritmi della giornata sono cambiati. La permanenza in casa fa perdere quello scadenziario giornaliero, tanto scontato quanto automatico, che aiutava a dare un senso alla quotidianità e a inquadrare in modo ben definito i vari impegni legati alla famiglia, al lavoro e al tempo libero.

Lo spazio ristretto delle abitazioni e la convivenza h 24 con gli stessi familiari porta a “mischiare” lavoro, affetti, intrattenimento. Il tempo per il lavoro si è dilatato, con qualche affanno per la mancanza dei supporti adeguati, e quello delle relazioni con i propri cari finisce col sovrapporsi con il lavoro. Non si riesce a pianificare uscite come il teatro o il ristorante o la palestra, ma solo a programmare le call con i colleghi o le prenotazioni online per evitare le code al supermercato. Il clima non incide più sull’abbigliamento giornaliero e tutto diventa più uniforme: tuta e trainers per tutti.

Come vivere, o meglio, come considerare questa nuova dimensione temporale? Per Silvano Petrosino, docente di Teorie della comunicazione e Antropologia religiosa e media, dalla situazione attuale emerge «lo smascheramento dell’ideologia dell’urgenza». Nella vita normale, infatti, siamo sotto la dittatura dell’adesso, del subito e dell’urgente: «Ognuno di noi pensa che il proprio lavoro sia essenziale e chiede all’altro di essere immediato perché quello che sta facendo è importante. Non si tratta di fare un elogio della pigrizia, ma non è vero che tutto è sempre urgente. Così l’attuale situazione ci fa guadagnare una dimensione della pazienza, dato che siamo costretti a fare la fila al supermercato, all’attesa dei risultati dei tamponi, alle quarantene, alle difficoltà tecniche delle comunicazioni a distanza dello smart working e della formazione».

Dalla pazienza dell’attesa, allora, passeremo – quando tutto sarà finito – alla nuova pianificazione del nostro tempo, che in tempi normali risultava più scontata. Ciro De Florio, docente di Logica e Filosofia della scienza, lega la dimensione del tempo al futuro, a come pensiamo che sarà il tempo dopo l’emergenza. «In questo campo ci sono due correnti di pensiero, quella per cui il futuro è determinato, anche se non lo conosciamo, e quella che il futuro è indeterminato. L’attuale situazione di grandissima incertezza epistemica, per cui non sappiamo cosa succederà tra un giorno o tra un mese, dimostra quanto il futuro sia indeterminato. Ciò da un lato ci spaventa, perché vogliamo avere certezze su come andare avanti, ma dall’altro ci dà un senso di libertà in quanto le nostre azioni contribuiranno a determinarlo, facendoci esercitare la nostra responsabilità personale e spronandoci a rimboccare le maniche».

A ribadire l’importanza del nostro impegno nel dare ritmo e sostanza al tempo interviene anche Ingrid Basso, ricercatrice di Filosofia teoretica, che richiama la definizione agostiniana del tempo come distensio animi. «Adesso che abbiamo perduto quasi ogni legame con gli impegni che scandivano le nostre giornate e quindi segnavano propriamente il tempo delle nostre vite – una misura esterna (o esteriore) del tempo – ci rendiamo conto che il tempo è qualcosa che in realtà siamo noi stessi, e quindi qualcosa che più mai ci appartiene».

La professoressa Basso coglie nelle discussioni del momento l’assillo di come «far passare» il tempo, come se il tempo fosse qualcosa di minaccioso che se prima ci rincorreva furioso, adesso invece incombe spaventandoci con la sua mole insostenibile. «Credo che questo problema di come rapportarci al tempo nasconda in realtà il problema di come rapportarci a noi stessi, perché solo se abbiamo un buon rapporto con noi stessi siamo in grado di vivere bene il nostro tempo. Come? Essendo presenti a noi stessi, non fuggendo. La fuga è una delle soluzioni di fronte a ciò che ci spaventa, ma quando a spaventarci è il nostro stesso io, la fuga non è sempre la soluzione migliore».

Insomma la filosofia ci invita a considerare la solitudine forzata di questi giorni come una opportunità per parlare di più con noi stessi, ascoltarci, capire ciò che siamo, in aderenza al monito filosofico per eccellenza: “Conosci te stesso”.