Si conclude con l’intervento dell’assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica monsignor Claudio Giuliodori il dibattito aperto dall’articolo intitolato Scuola paritaria, non chiamatela privilegio, un percorso di approfondimento per sfatare molti luoghi comuni, comparare la situazione italiana con quella degli altri Stati europei, conoscere un mondo vitale e inclusivo, trovare soluzioni per dare vita a un sistema scolastico integrato e plurale


di monsignor Claudio Giuliodori *

Si chiude quest’anno il percorso decennale che la Chiesa italiana ha sviluppato alla luce degli Orientamenti pastorali “Educare alla vita buona del vangelo”. Un percorso che ha visto la comunità ecclesiale impegnata a rafforzare il suo servizio educativo che si esprime in molteplici ambiti, da quelli più interni legati alla catechesi e agli spazi formativi, come gli oratori, alle iniziative indirizzate a tutta la collettività, come i luoghi aggregativi a carattere sportivo o culturale, e soprattutto l’ampia e articolata presenza di scuole paritarie all’interno del sistema scolastico nazionale. Un contributo rilevante dal punto di vista numerico (10% circa degli studenti del Paese) e qualificato dal punto di vista culturale con punte di comprovata eccellenza.

Il documento dei vescovi ribadiva ancora una volta che: «Il principio dell’uguaglianza tra le famiglie di fronte alla scuola impone non solo interventi di sostegno alla scuola cattolica, ma il pieno riconoscimento, anche sotto il profilo economico, dell’opportunità di scelta tra la scuola statale e quella paritaria. […]. Il confronto e la collaborazione a pari titolo tra istituti pubblici, statali e non statali, possono contribuire efficacemente a rendere più agile e dinamico l’intero sistema scolastico, per rispondere meglio all’attuale domanda formativa (n. 48). In questi dieci anni si è lavorato molto per dare pieno sviluppo a questi orientamenti, ma la realtà registra purtroppo crescenti difficoltà rese ancora più marcate in questi mesi dalle vicende legate al contagio da Coronavirus.

Il problema dell’inquadramento e del pieno riconoscimento, anche dal punto di vista economico, delle scuole paritarie all’interno del sistema scolastico pubblico italiano non è recente, ma oggi diventa ancora più urgente affrontarlo sia perché resta un vulnus che rende incompiuto il sistema integrato formativo del Paese sia perché si trascina dal dopo guerra - e si accentua ogni giorno di più - una inaccettabile situazione di squilibrio che penalizza le scuole paritarie, sempre più in difficoltà e costrette a chiudere. La boccata di ossigeno data dal governo con il recente contributo di 300 milioni a sostegno della scuola pubblica non statale se è vitale per sopravvivere non costituisce però una soluzione al problema. Si rende pertanto ancora più urgente riprendere la riflessione e sviluppare un serrato confronto sui dati oggettivi e reali della situazione superando anacronistici pregiudizi e chiusure di matrice ideologica.

È in primo luogo una questione antropologica e culturale perché l’educazione, bene primario e fondante della soggettività sociale, non è appannaggio dello Stato ma è legata alla responsabilità e alle scelte dei genitori. Il rapporto tra il diritto inalienabile alla libertà di educazione da parte dei genitori e il servizio che lo Stato è chiamato a garantire per la sua concreta attuazione deve essere regolato dal principio di sussidiarietà. Solo in questo modo lo Stato non prevarica sulla titolarità dei genitori e può offrire un sistema integrato di servizio scolastico pubblico che si avvale sia delle strutture statali sia di quelle paritarie non statali. È assolutamente improprio e deviante usare la dizione “private” per scuole che offrono un servizio aperto a tutti e quindi per sua natura pubblico.

I qualificati contributi apparsi in queste settimane su CattolicaNews offrono una puntuale analisi della situazione e soprattutto forniscono le chiavi di lettura per affrontare in modo appropriato i diversi aspetti della questione. Da quello giuridico-costituzionale a quello socio-economico, da quello organizzativo a quello più squisitamente politico che, soprattutto nel confronto con le moderne democrazie, mette in evidenza l’arretratezza del nostro Paese e le incongruenze del nostro sistema scolastico. Solo dentro un quadro che tenga conto di tutti i fattori è possibile dare risposte pertinenti e non distorte o parziali.

Il cammino appare certamente arduo e complesso, ma non si può rinunciare a uno spazio di libertà e di responsabilità civile che tanto ha contribuito e tanto può ancora offrire alla crescita del Paese e al bene delle nuove generazioni. L’invito di Papa Francesco a costruire assieme un grande Patto educativo globale ci indica ulteriori motivi di impegno e di confronto per realizzare un sistema scolastico integrato capace di rispettare la titolarità educativa dei genitori, di valorizzare il contributo di tutte le soggettività sociali e di offrire una formazione all’altezza delle sfide del nostro tempo.

Iniziamo un anno scolastico difficile e complesso ma la scuola è sempre una grande opportunità e mai un rischio. Non dobbiamo avere paura di affrontare anche i grandi cambiamenti in atto. Come scriveva papa Francesco: «ogni cambiamento ha bisogno di un cammino educativo che coinvolga tutti. Per questo è necessario costruire un “villaggio dell’educazione” dove, nella diversità, si condivida l’impegno di generare una rete di relazioni umane e aperte» (Messaggio per il lancio del patto educativo, 12 settembre 2019).

* Assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore


Ultimo di una serie di articoli dedicati al sistema delle scuole paritarie in Italia