Pubblichiamo la riflessione che la professoressa Lucia Boccacin ha proposto nei giorni in cui il Coronavirus ci ha costretti a limitare le nostre relazioni sociali ma, proprio per questo, a riscoprirne il valore fondamentale


di Lucia Boccacin *

Il 6 marzo prossimo, in occasione del convegno, ora rinviato, dal titolo “La ricchezza delle relazioni: creare comunità al tempo della società liquida”, organizzato nell’ambito del tavolo “Cattolicaper il terzo settore”, all’interno della Civil Week, avrei parlato di relazioni sociali e di quanto la loro solidità sia fondamentale per la nostra vita, fondamentale anche se le relazioni sociali, essendo realtà immateriali, non si vedono. “L’essenziale è invisibile agli occhi” scriveva Antoine de Saint-Exupéry. È invisibile, ma c’è. Ed è essenziale, non possiamo farne a meno.

Gli eventi accaduti in questi giorni, a seguito delle misure adottate per evitare il diffondersi del Coronavirus, ci hanno offerto una prova tangibile di quanto le relazioni sociali siano cruciali per il nostro esistere, per la vita quotidiana ordinaria e per le scelte straordinarie. Quando quelle interpersonali vengono meno, ne avvertiamo grandemente la mancanza, siamo disorientati, spaesati. In particolare, tra le relazioni sociali, quelle che hanno tratti specifici – sono legami reciproci, affidabili e cooperativi – manifestano la loro solidità e la loro capacità di tenuta anche di fronte al cambiamento repentino delle nostre giornate, rappresentano un supporto determinante per vivere e, se possibile, per vivere al meglio. In questa prospettiva anche le ICT ci sono d’aiuto e ci consentono di mantenere le relazioni e potenziarne la vitalità oltrepassando la distanza.

Al convegno del 6 marzo avrei anche detto che le relazioni sociali sono realtà immateriali e non si vedono se non si pensano, se non si ha una adeguata teoria per osservarle e conoscerle: tuttavia ciò che da esse si genera si vede benissimo. Infatti, si generano dei beni dalle relazioni sociali reciproche, affidabili e cooperative, che hanno grande importanza nella nostra vita. Questi beni si generano ad esempio nel prendersi cura degli altri, nel rispondere in modo solidale ai bisogni di chi è più debole, nella creatività e nell’innovazione che scorre attraverso le relazioni sociali in tali risposte. 

Questa generatività è un vero e proprio capitale sociale, un patrimonio di ricchezza immateriale di cui tutti possono beneficiare e che tutti possono contribuire a incrementare oppure, al contrario, che tutti possono dissipare, provocando una deprivazione generalizzata.

Di questo patrimonio di relazioni sia le comunità locali, sia la comunità più ampia hanno bisogno per esistere: è un patrimonio vitale che consente alle persone di fronteggiare il rischio (come in questi giorni) senza sentirsi soli e senza perdersi, appartenendo, partecipando e condividendo.

Infatti, nella comunità trovano sintesi sia le esigenze di appartenenza del singolo, sia la necessità di essere in rapporto con la dimensione istituzionale del sociale, sia l’intreccio delle relazioni che qualifica i contesti intersoggettivi.

La situazione complicata di questi giorni, in cui ciascuno è stato sfidato, messo alla prova, sia individualmente sia come membro di varie comunità, compresa quella universitaria, può consentirci di riflettere sulla “forza” di questi legami sociali, apparentemente “deboli” e non visti. Tali relazioni ci consentono - se agite - di dare il meglio di noi, di trovare risorse, talvolta inaspettate, di fronteggiare le situazioni di criticità, di superare le difficoltà anche attraverso scelte inedite, di riscoprirci più “relati”, più prossimi agli altri, di diventare più consapevoli che, come dice Eliot, “Ci sono macchine e mani, e calce per nuovo cemento”. 

* docente di Sociologia delle comunità e Sociologia delle relazioni educative, facoltà di Scienze della formazione, campus di Milano