L'Europa ripiomba nell'incubo del terrorismo. Venerdì 23 marzo, Redouane Lakdim, 25enne islamico simpatizzante per l'Isis, ha compiuto due attentati nel sud della Francia, uccidendo quattrro persone e ferendone altre 16, salvo poi essere lui stesso freddato dalle forze speciali Gign (Groupe d'intervention de la Gendarmerie nationale). Il marocchino, con nazionalità francese, aveva chiesto la liberazione di Salah Abdeslam, l’unico superstite degli attentati parigini del 13 novembre 2015, catturato in Belgio ma attualmente detenuto in Francia.

Una nuova azione terroristica di matrice islamica che conferma che «cercare Daesh è stupido», come sostiene il professor Marco Lombardi, secondo cui «al giorno d’oggi bisogna interrogarsi su quali sono gli eredi e le sue nuove forme per prendere le adeguate contromisure».

Di “Terrorismo e criminalità” si è parlato nella sede di largo Gemelli dell’Università Cattolica, nel seminario presieduto dal sociologo dell’Università Cattolica, direttore di Itstime e della Scuola di Giornalismo dell’Ateneo. Con lui alcuni collaboratori del centro di ricerca.

Giovanni Giacalone ha condotto uno studio sulle reti terroristiche in Italia: «Non c'è alcun legame tra terrorismo e criminalità organizzata, ma abbiamo trovato denominatori comuni, come i traffici illeciti di vario tipo» afferma. «Per avere un profilo completo ci vuole tempo, quindi abbiamo diviso i casi in fase di definizione e definiti. Questo significa aggiornare ciascun caso analizzato in modo da avere un quadro definitivo a fine ricerca. Informazioni, come la militarizzazione, sono difficili da reperire perché sono dati sensibili. Anche sanità e salute sono un problema per un discorso di privacy. Per quanto riguarda l'istruzione, invece, è più facile risalirvi. Abbiamo suddiviso anche figure propagandistiche e legate all'azione, scoprendo che il 60% dei casi è più improntato all'azione».

Nicolò Spagna ha parlato di reti ma a livello europeo: «Abbiamo circa 500 soggetti che, a partire dal 2001, sono stati protagonisti di attentati di matrice islamica. Quello delle reti sociali, è un metodo che non analizza solo il singolo individuo ma anche come questo si relaziona. Emergono tre riflessioni: innanzitutto, che esistono dei network di reclutamento; secondariamente, tali soggetti e la loro esperienza irrobustiscono i futuri gruppi; infine, i legami familiari sono un contagio che garantisce una continuità anche dopo la frammentazione».

Maria Grazia Santini, di Forum Security di Milano, e Cristina Villa, della Digos della Questura meneghina, hanno confermato che tra terrorismo e criminalità organizzata non vi sono collegamenti ma solo legami nella piccola criminalità, quando un business diventa tale per entrambe le parti (come per esempio nel traffico di droga). Secondo l’esponente della Questura, in termini di legami tra terrorismo e criminalità, la detenzione non è significativa perché ci sono persone che sono state in carcere per un tempo non sufficiente per radicalizzarsi.

Secondo Marco De Nunzio, della Squadra Mobile della Questura di Milano, «i terroristi devono necessariamente avere legami con la criminalità organizzata perché può servire, ad esempio, per la contraffazione documenti. Non hanno però alcun legame mediato o diretto perché hanno scopi diversi. La centralizzazione delle indagini e delle informazioni e l'utilizzo di indagini diverse da quelle convenzionali sono centrali perché si tratta di una criminalità diversa. L'Italia lo ha capito presto e infatti nel 2015 ha inserito la figura del Procuratore Antimafia e Antiterrorismo».