di Stefania Danubio *

Nonostante quello in Guatemala non fosse il mio primo Overseas, anche se il primo così lontano da casa, mi sentivo davvero nervosa e allo stesso tempo entusiasta al pensiero di vivere per cinque mesi in un nuovo Paese, con nuovi amici e nuove abitudini: sarebbe stato come ricominciare la vita da capo. Anche il viaggio non è stato privo di difficoltà: dopo aver corso a piedi scalzi per tutto l’aeroporto di Newark, a causa del poco tempo, dei ritardi e delle infinite code, ho finalmente visto per la prima volta la scritta “Guatemala City”. Al mio arrivo in aeroporto la sorella della mia Buddy, la studentessa a cui vieni affidato per inserirti, mi stava aspettando con sua madre per accompagnarmi in quella che sarebbe diventata la mia nuova casa. 

Dopo aver viaggiato per circa due settimane con la mia Buddy Sofia sono iniziati i corsi: ho frequentato la Rafael Landivar, un’università privata e con professori favolosi. Non è stato per nulla difficile integrarmi perché mi piace poter mettere in pratica le conoscenze linguistiche che ho acquisito col tempo. Non c’erano italiani con cui parlare la mia lingua, ma per fortuna ho avuto l’opportunità di frequentare tanti studenti internazionali come me. 

Proprio nell’ambiente universitario ho conosciuto quelli che sarebbero diventati i miei due migliori amici: Jorge, il mio allenatore di taekwondo, e Daniela, una compagna di classe. Tutta la mia esperienza potrebbe essere riassunta nei momenti passati con loro perché abbiamo vissuto molte esperienze insieme, come andare al lago Atitlán, visitare luoghi a me sconosciuti della capitale, fare nuove amicizie e uscire insieme la sera. Il gruppo in cui ho fatto la cheerleader mi ha poi accolta a braccia aperte ed è diventato la mia famiglia adottiva. 

Mentirei se dicessi che è stato tutto facile. Il Guatemala è una realtà molto diversa da quella cui siamo abituati a vivere in Europa: la sicurezza e i mezzi pubblici sono risorse mal gestite, la popolazione è più povera rispetto a quella italiana, lo spagnolo parlato è diverso da quello che ci insegnano all’università, così come diverse sono le dinamiche familiari. 

Anche integrarsi nel loro sistema universitario di verifiche e compiti costanti è stata una vera sfida per me, ma io non mi sono certo arresa: mi piacciono le sfide e credo di esserne uscita più forte e coraggiosa di prima. Il cambiamento cruciale è avvenuto quando io, i miei compagni di Overseas e altre amiche abbiamo iniziato a uscire con i compagni di classe, e, proprio da quel momento, ho iniziato a sentirmi parte di questa nuova comunità dove mi ero ritrovata a vivere: il mio spagnolo scolastico si stava adattando ai modi e agli usi della gente locale, riuscivo quindi a capire e a farmi capire in modo più agevole e, soprattutto, iniziavo a divertirmi molto nel mio nuovo gruppo di amici. Grazie ai guatemaltechi sono riuscita ad adattarmi e a capire molto meglio una cultura e una lingua che non mi appartenevano prima, sentendomi sempre più a mio agio nella mia buddy family.

Ho imparato che è fondamentale chiedere, sempre e di ogni cosa di cui ci si senta in dubbio: nessuna domanda è inutile o di poca importanza, tutto si può apprendere se si chiede il perché di cose che non si capiscono, come una pronuncia o una parola. È importantissimo parlare con tutti. A volte potrebbe capitare che i ragazzi locali non facciano il primo passo nell’avvicinarsi a noi, non perché siano persone cattive ma perché siamo noi stessi a costruire barriere che li ostacolano nell’entrare nella nostra comfort zone fatta di persone che già condividono qualcosa con noi come per esempio la nazionalità, la lingua o semplicemente il fatto di far parte del gruppo degli studenti Overseas.

Questa è un’esperienza che cambia la vita, ho passato dei momenti indimenticabili e, se potessi, la rifarei. Non c’è niente di cui mi sia pentita e le difficoltà iniziali sono state solo nuovi motivi per mettermi alla prova e superarmi, consapevole del fatto che tutti questi sforzi iniziali si sarebbero trasformati in qualcosa di positivo e difficile da dimenticare. Il mio ringraziamento va alla mia famiglia e a tutti i miei amici - sia guatemaltechi, sia italiani - perché, grazie a ognuno di loro, posso dire di aver concluso con successo questo capitolo della mia vita portandomi a casa un nuovo e ricchissimo bagaglio di conoscenze che mi faranno crescere come cittadina del mondo. Per sempre mi sentirò accolta come a casa mia in Guatemala. 

* 24 anni, di Busto Arsizio, laurea magistrale in Scienze linguistiche, indirizzo in Management internazionale, facoltà di Scienze linguistiche, campus di Milano