Sul sito dell’Osservatorio Welforum.it è comparso un contributo dei professori dell’Università Cattolica Massimo Bordignon e Gilberto Turati, che affrontano il problema di come spendere l’enorme massa di contributi europei che stanno per confluire nel nostro Paese, per fare in modo che non si assista a un uso improvvido di queste risorse ma le si sfrutti per un vero rilancio dell’Italia. Pubblichiamo la parte iniziale del loro contributo


di Massimo Bordignon e Gilberto Turati *

Può sembrare paradossale, vista la condizione drammatica delle nostre finanze pubbliche, ma il paese avrà a disposizione nel giro di poche settimane una grande quantità di risorse per sostenere e rilanciare la propria economia, in una dimensione del tutto impensabile fino a pochi mesi fa. L’Unione Europea ha infatti già messo sul tavolo, o si appresta a farlo, risorse complessive nell’ordine di centinaia, forse addirittura migliaia, di miliardi. Ed è indubbio che una quota non marginale di queste risorse affluirà al nostro paese. Sia per le sue dimensioni; sia perché è tra i più duramente colpiti dall’epidemia; sia infine perché è quello che ne ha più bisogno, avendo difficoltà ad accedere al mercato ai tassi bassi e per i tempi lunghi necessari per affrontare una crisi dalle dimensioni eccezionali come quella innescata dal Covid-19.
 
È bene essere chiari. Si tratta e si tratterà in buona parte di soldi presi a prestito, sia pure ai tassi straordinariamente bassi che le varie istituzioni comunitarie (UE, BEI) o intergovernative (MES) riescono ora a spuntare sul mercato e che verranno trasferiti senza quasi oneri aggiuntivi al nostro paese. Il problema della sostenibilità del debito pubblico diventerà dunque ancora più formidabile, visto che le previsioni del DEF 2020 già lo danno attorno al 155% del PIL, un livello mai raggiunto prima nella storia del nostro paese in condizioni di pace. L’impegno straordinario assunto dalla BCE, che finirà per assorbire tramite la Banca d’Italia oltre un quarto del debito italiano entro la fine dell’anno, è uno degli elementi chiave per garantirne la sostenibilità nel breve periodo. Ma in un periodo più lungo questa non può che basarsi sul rilancio della economia, che molto dipenderà dalla nostra capacità di sfruttare al meglio le risorse che l’Europa ci mette a disposizione.

È un’occasione storica per affrontare i problemi strutturali ed eliminare le strozzature che hanno condannato l’Italia per anni ad una crescita anemica, inferiore a quella dei nostri partner europei. Visto che i tassi di interesse rimarranno probabilmente molto bassi ancora a lungo, una ripresa ragionevole della crescita economica consentirebbe di porre il rapporto debito/PIL su una traiettoria decrescente, condizione necessaria per un’ulteriore riduzione dello spread e dunque di un’evoluzione virtuosa delle finanze pubbliche nel medio periodo.

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* rispettivamente docente di Political and Public Economics e docente di Scienza delle finanze alla facoltà di Economia dell’Università Cattolica